Viaggio random negli ultimi trent’anni
rubrica di Pablo Echaurren
(tratto da http://www.carta.org/rivista/settimanale/2004/43/43Echaurren.htm )
E chi l’ha detto che un libro si deve
leggerlo per forza dall’inizio alla fine, dalla prima all’ultima riga, da sinistra
a destra, dall’alto in basso?
Chi l’ha detto che non si può procedere a casaccio, random, rabdomaticamente:
Come una linea ferroviaria. Che, è vero, procede rigidamente da A a B
e viceversa. Ma effettua diverse fermate e tu puoi scendere a ogni stazione
e magari da lì farti un giretto suppletivo, prendere una coincidenza,
iniziare un viaggio laterale per poi tornare e continuare quello principale.
Ecco, Tristan Tzara diceva di non chiedersi
mai, di fronte a un’opera d’arte, cosa significa ma solo come funziona. Ebbene,
credo che il romanzo ferroviario di Luca Patella [malgrado ciò che ne
pensa lui] funzioni proprio così.
E così l’ho usato io, il Vi
aggio in Luca [Edizioni Morra]
iniziato dall’autore, Luca Maria Patella, nel lontano 1974 e terminato [minato?] solo oggi nell’attuale 2004.
Lui, Lu Capa Tella, si attacca come una
Patella [nomen omen] a ogni parola, a ogni immagine, a ogni propaggine del suono,
ne saggia – viaggia – la consistenza, ne estende la sfera d’influenza, ne scandaglia
l’essenza.
È un Carlo Emilio Gadda senza gabbia narrativa, un fiume in piena, un
binario in solitario, un flanellatore non abitudinario.
Patella è una grande padella in
cui vengono assemblati ingredienti diversi a formare una pietanza che è
una danza di elementi, di menti differenti, di correnti, un insieme super elaborato,
arti-colato, tipo paëlla. Può essere di terra o di mare, tonda e
bombata come la foto filtrata da un obiettivo a occhio di pesce o fish-eye.
Il suo girovagolare segue un flusso vascolare, partendo da una semplice casa
colonica può introdurti in un mondo ctonico, condurti su un sentiero
colon-ico [Viaggio in Luca], iconico, comico, è viaggio con paesaggio
e passaggio continuo da un motto all’altro per sdrucciolamento, per diroccamento,
per smottamento di senso, di segno, di sogno.
Il suo è uno spostamento continuo
da un campo all’altro, da un orto all’otro, uno spaesamento, comunicativo, comunicaptivo,
comunic-attivo.
Lucapa Tella è una tiella di strati sovrap-posti, posti riservati, posti
a sedere, posti a vedere, una tiella di lasagne fortemente condite, infarcite,
imbottite di scherzi, giochi, occhi ammiccanti, germinanti, moltiplicanti la
percezione.
Alla fine, dopo tanto andivenire, ci fermiamo spompati, eccoci giunti alla con-te-stazione
finale. Che poi non è un b-anale capolinea ma uno snodo di Gordio da
tagliare senza esitare per cominciare una nuova avventura senza imbrigliatura.
Teorica senza retorica.
Il libro di Luca, il suo corposo evangelio,
si inserisce in una nobile tradizione a trazione ferrata e imbullonata che va
da Depero [Depero futurista, 1927], al Bauhaus, a Osvaldo Bot, a me medesimo
[Nivola vola, 1992]. È un libro oggetto, un libro progetto, un libro
mostra, un libro ebbro, un librido pieno di spunti, di sputi fuori dal finestrino,
di infrazioni al protocollo dell’obtorto collo che domina il meccanismo di trasmissione
e sottomissione dell’arte da galleria [non ferroviaria, s’intende]. Avviso ai
potenziali viaggiatori, il biglietto non è di classe economica [roba
di prima con prenotazione obb-ligatoria], per richiederlo rivolgersi al controllore editore
Fondazione Morra, palazzo dello Spagnuolo, via Vergini 19, Napoli [fondazmorra@virgilio.it
oppure tel. 081-454064].